Buona Pasqua! Che senso possono avere queste parole? È la domanda che mi sono posto in questi giorni. Per noi cristiani esse sono un’invocazione a Dio in favore di coloro a cui porgiamo gli auguri pasquali. Il mio pensiero va all’invocazione biblica che leggiamo nel libro dei Numeri al capitolo 6,24-26: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. È dunque un augurare/invocare un bene che viene dal Signore. Il nostro augurio pasquale non è un auspicare che la sorte, la fortuna, il caso favoriscano la realizzazione di quanto ciascuno desidera. Augurare “Buona Pasqua”, allora, oltre che far sapere a delle persone che ci ricordiamo di loro o che manifestiamo loro simpatia e amicizia stringendo loro la mano o dando loro un abbraccio, esprime anche l’auspicio e la preghiera che la Pasqua sia vera esperienza di perdono, di riconciliazione, di rinascita di speranza e di fiducia e di quella gioia che proviene da quanto celebriamo nella Pasqua. La Pasqua è la festa del nostro riscatto, del perdono del Signore, della rassicurazione del suo amore e dell’invito a viverlo davvero tra di noi. Da questa consapevolezza può derivare la vera gioia, da augurare a tutti come dono del Signore e impegno a donarla a nostra volta. In francese l’augurio pasquale è “Pasqua gioiosa”, così pure in spagnolo e inglese “felice Pasqua”.
Auguro e invoco allora anch’io a tutti una Pasqua felice e gioiosa, ma di quelle felicità e gioia che vengono dall’annuncio pasquale del Vangelo: Cristo è Risorto, con tutto ciò che da questo fatto consegue anche per noi uomini, di ogni luogo e di ogni tempo.