Ci sono dei tempi liturgici che rischiano di finire appena cominciati. È il caso del tempo di Natale che nella mentalità comune tende a comprimersi tutto nella celebrazione del 25 dicembre. In realtà, il Natale non finisce affatto il giorno dopo il 25 dicembre. La liturgia ci accompagna a vivere il “tempo di Natale” dalla sera del 24 dicembre alla festa del Battesimo di Gesù (quest’anno il 12 gennaio), domenica successiva all’Epifania. Nel tempo di Natale con tutta la Chiesa celebriamo un fatto inaudito realmente accaduto: in Gesù di Nazaret, il bambino nato a Betlemme di Giudea, si è manifestata la gloria di Dio.
Il cammino scandito dalle varie tappe dell’Avvento trova la sua meta risolutiva a Betlemme, dove Dio, attraverso suo Figlio, entra sottovoce nella storia dell’uomo. Questa riapertura concreta del dialogo fra Dio e l’uomo non avviene nel mondo sfavillante dei palazzi e delle regge, ma nella nudità e nella semplicità di una grotta di un piccolo paese sconosciuto al mondo.
Il racconto della nascita viene tuttavia inserito in un ampio contesto non solo profetico, ma anche storico, che si apre con il nome dell’imperatore Augusto – anche lui voleva essere salvatore e signore – e si chiude con il nome di Gesù – il vero Salvatore e Signore, «il sole di giustizia» annunciato dal profeta Malachia.
Sono tante le strade che portano a Betlemme. C’è la via “politica” del censimento che spinge Giuseppe e Maria a farsi censire. C’è il cammino notturno dei pastori, che si lasciano catturare dalla visione angelica. C’è il percorso “esoterico” dei Magi che seguono la stella. Sono vie diverse, ma caratterizzate dalla grande gioia dell’incontro personale con Gesù Salvatore. Quella gioia che è per tutto il popolo, preannunciata dai profeti e desiderata dalle generazioni precedenti, si manifesta a Betlemme, angolo sperduto del mondo ma crocevia di attese e speranze universali. Il colore liturgico di questo tempo è il bianco: è il colore della luce, della vita e della festa.