“Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta” (Lc 16,9)
Immaginiamo un magistrato dei nostri giorni di fronte a questo brano del Vangelo: quanti reati potrebbe imputare a quell’amministratore infedele? Sicuramente uno dei reati sarebbe quello di “appropriazione indebita”, in quanto dispone a suo piacimento di qualsiasi cosa che non è suo.
Ma forse qualche reato si potrebbe anche imputare a Gesù, magari solo quello di “istigazione all’appropriazione indebita”.
In realtà la sfera esistenziale in cui si muove il Maestro non è quella giustizialista, ma quella della speranza.
Questo amministratore, poco accorto aveva davanti a sé due strade.
La prima, forse la più facile: approfittare del suo potere sui debitori e pretendere la “tangente”; la seconda: usare una misura larga sperando di trovare gratitudine. Sceglie quest’ultima.
Non si è fatto vincere dalla possibilità di un tornaconto immediato, ma ha scommesso su una riconoscenza futura, ha deciso di dare credito al cuore di quei debitori e alla loro capacità di bene.
Scommette, come fa Dio con ognuno di noi, il quale punta sulla nostra capacità di bene anche quanto ci vede immersi in una moltitudine di peccati.
Fedeli non vuol dire essere devoti e pii, bensì usare con amore le ricchezze che Dio ci affida.